UN CASO STUDIO SUL PIANO D’AZIONE NAZIONALE SU DONNE PACE E SICUREZZA DELLA MACEDONIA

INTRODUZIONE: UN ACCORDO DI PACE CHE NON TIENE CONTO DEL GENERE

La Repubblica della Macedonia del Nord è uno degli Stati costituitisi dopo la caduta della ex-Jugoslavia, avendo dichiarato la sua indipendenza nel settembre del 1991 in seguito a un referendum popolare. Il primo decennio dopo l’indipendenza del paese fu caratterizzato dalla creazione di istituzioni e processi democratici e, in quel periodo, furono prese svariate misure per costruire e riformare diversi settori. Tuttavia, nel 2001, la pace tra le diverse comunità etniche cominciò a essere turbata da violenti scontri, scoppiati in diversi villaggi nella zona montuosa del paese. Da questi nacque un conflitto armato che durò sei mesi.

Le donne, in particolare quelle attive nel settore della società civile che si era sviluppato a partire dagli anni Novanta, sono state le prime a reagire a questi scontri, organizzando in particolare aiuti per rifugiati e sfollati, la maggior parte dei quali erano donne e bambini. Queste organizzazioni contribuirono così ad alleviare l’impatto del conflitto sulla popolazione civile, fornendo aiuto psicologico, attivando linee telefoniche di assistenza e distribuendo prodotti igienici e generi alimentari a donne e bambini. Durante il conflitto del 2001, queste organizzazioni misero in piedi reti e alleanze informali che sono rimaste attive anche dopo la fine delle ostilità. Nello stesso anno furono poi organizzate una serie di tavole rotonde ed fu promulgato l’Appello dei Cittadini per chiedere la fine del conflitto armato. Lo scopo di queste azioni era quello di mostrare l’importanza di stabilizzare il paese e l’impegno dei gruppi di donne e delle organizzazioni della società civile (OSC) per il mantenimento della pace e della sicurezza.

Il conflitto armato si concluse con l’Accordo di Ohrid (Ohrid Framework Agreement, o OFA) firmato il 13 agosto 2001, accordo che è.diventato lo strumento chiave per mantenere l’armonia interetnica nel paese. L’accordo, tuttavia, non menziona il ruolo e l’importanza delle donne, il loro cruciale coinvolgimento nella prevenzione dei conflitti e anche nella ricostruzione post-conflitto. Il testo dell’Accordo include i principi di non-discriminazione e di equa rappresentanza delle diverse comunità etniche nell’esercito e nelle forze di polizia, ma la rappresentanza equa delle donne non viene menzionata. L’Accordo include anche la formazione sul tema dei diritti umani per gli agenti di polizia; tuttavia formazioni sull’uguaglianza di genere non vengono mai esplicitamente menzionati. Il documento fa’ riferimento anche al ritorno e al reinserimento dei rifugiati, ma non è stata adottata alcuna prospettiva che tenesse conto di questioni di genere legato a questo processo. Nel complesso, il contenuto dell’ OFA è quasi del tutto privo di una prospettiva di genere che tenga conto delle esigenze specifiche e diverse delle donne e delle ragazze.

L’accordo, tuttavia, non menziona il ruolo e l’importanza delle donne, il loro cruciale coinvolgimento nella prevenzione dei conflitti e anche nella ricostruzione post-conflitto.

 

Non c’era nessuna donna tra gli esperti dei tre gruppi coinvolti nei processi di negoziazione e mediazione che hanno preceduto la firma dell’ OFA. Vi hanno, infatti, partecipato quattro rappresentanti di sesso maschile, uno per ciascuno dei quattro principali partiti politici. Gli uomini hanno rappresentato anche la comunità internazionale e sono stati facilitatori del dialogo. Le donne hanno avuto la possibilità di partecipare in qualità di consulenti o in ruoli di sostegno ai gruppi. Tuttavia, in termini di visibilità femminile durante il processo di negoziazione e la conseguente cerimonia della firma dell’ OFA, le donne sono rimaste ancora una volta invisibili.

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DALLA RISOLUZIONE 1325 AL PRIMO PIANO DI AZIONE NAZIONALE MACEDONE

Adottata ufficialmente nel 2000, la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rappresentato fin dall’inizio un documento chiave per sostenere l’integrazione di una prospettiva di genere nel campo della pace e della sicurezza, sottolineando il ruolo delle donne e l’importanza della loro inclusione nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti e nel peacebuilding. Basandosi sulla Risoluzione 1325, anche le organizzazioni di donne macedoni, che avevano già svolto un ruolo cruciale nel movimento contro la guerra, iniziarono finalmente a contribuire significativamente al peacebuilding, alla riconciliazione e al miglioramento delle relazioni interetniche in Macedonia. Tre anni dopo la fine del conflitto, nel 2004, uno dei primi progetti nell’ambito dell’Agenda Donne, Pace e Sicurezza (DPS) fu realizzato dall’Iniziativa Civica delle Donne Antico, una rete interetnica di donne macedoni in posizioni di leadership. L’Iniziativa Antico ha anche sostenuto l’inclusione dell’obiettivo strategico “Donne, pace e sicurezza” nel primo Piano nazionale per l’uguaglianza di genere, nel 2007. Nel 2009, un’altra rete della società civile, il Consiglio Nazionale per l’Uguaglianza di Genere, ha lanciato un progetto intitolato “1325 Ragioni per l’Attuazione della Risoluzione 1325”, volto a promuovere una cultura di pace e a sostenere lo sviluppo del primo Piano d’Azione Nazionale (PAN) su Donne, Pace e Sicurezza. E, nel 2012, l’Organizzazione delle Donne di Sveti Nikole, un’organizzazione della società civile guidata da donne, condusse una ricerca sul grado di consapevolezza e conoscenza della Risoluzione 1325 nel paese. Questa ricerca rivelò un fatto preoccupante, ossia che una percentuale significativa degli intervistati non riconosceva il legame tra i diritti delle donne e la pace e sicurezza. I dati raccolti mostrarono anche che solo una piccola percentuale del pubblico conosceva la Risoluzione 1325. Sul lato positivo, la ricerca trovò che una buona parte degli intervistati riteneva necessario elaborare un PAN sul tema.

Basandosi sulla Risoluzione 1325, anche le organizzazioni di donne macedoni, che avevano già svolto un ruolo cruciale nel movimento contro la guerra, iniziarono finalmente a contribuire significativamente al peacebuilding, alla riconciliazione e al miglioramento delle relazioni interetniche in Macedonia.

Tutte queste attività spianarono la strada al PAN sviluppato nel 2012. Nel febbraio di quell’anno fu istituito un gruppo di lavoro per la preparazione del primo piano nazionale su Donne, Pace e Sicurezza. Esso comprendeva rappresentanti di tutte le istituzioni competenti, tra cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Difesa, il Centro per la Gestione delle Crisi, il Ministero degli Affari Esteri, nonché rappresentanti di tre organizzazioni di donne e di organizzazioni internazionali.

Il primo PAN fu quindi adottato ufficialmente nel gennaio 2013, su richiesta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il sostegno del Ministero della Difesa. Entrambe le istituzioni firmarono un memorandum di cooperazione per l’adozione del PAN. E prima della sua adozione, anche la Commissione per le Pari Opportunità dell’Assemblea si impegnò per organizzare dei dibattiti pubblici, e per attivare dei processi consultivi e partecipativi per accertare i contenuti del documento. Il PAN fu approvato per un periodo di tre anni (2013-2015), con piani operativi della durata di un anno. Aveva tre obiettivi strategici:

  • Rafforzare la prospettiva di genere nell’attuazione delle politiche di pace, sicurezza e difesa;
  • Aumentare la partecipazione e il contributo delle donne alle missioni internazionali, civili e militari;
  • Prevenire la violenza e proteggere i diritti delle donne in tempo di pace, conflitto e durante le crisi umanitarie.

Furono anche definiti tre indicatori generali: il primo era l’analisi del contenuto dei principali documenti politici sulla rappresentanza, il tipo e la frequenza dei riferimenti all’uguaglianza di genere; il secondo era il tracciamento del numero di candidature e nomine di donne nelle missioni internazionali civili e di pace; e il terzo era una maggiore prevenzione della violenza contro le donne e le ragazze e il miglioramento dei meccanismi preposti alla valutazione dei rischi legati a catastrofi naturali, per far sì che tengano conto delle prospettive di genere.

L’aspetto più positivo del PAN è come sia riuscito, attraverso l’organizzazione di vari comitati municipali, a promuovere il ruolo attivo delle donne nella prevenzione dei conflitti, nella ricostruzione delle comunità, nelle emergenze e nella gestione delle crisi. Il PAN ha anche riconosciuto la necessità di aumentare la partecipazione delle donne nelle missioni di pace e negli interventi umanitari, ed è riuscito a integrare una prospettiva di genere nella valutazione dei rischi inerenti a disastri naturali, crisi umanitarie e catastrofi.

Il lato negativo è che, anche se il PAN ha identificato un gruppo di lavoro interministeriale responsabile del monitoraggio dell’implementazione, non ha tuttavia fornito un chiaro meccanismo di monitoraggio. Il PAN non ha nemmeno raccolto informazioni specifiche sulla frequenza delle riunioni del gruppo di lavoro, mentre il lavoro di monitoraggio svolto dalle organizzazioni della società civile non viene neanche menzionato. E non si conoscono i progressi compiuti in relazione agli indicatori poiché non è stata presentata alcuna relazione inerente l’attuazione del PAN. Come se non bastasse, alcuni dei risultati inseriti nell’elenco dei “risultati attesi” del Piano sono vaghi e non misurabili. Il PAN è inoltre unico nel suo genere nell’affermare esplicitamente che “le attività previste non avranno alcuna implicazione finanziaria” e che le istituzioni responsabili dovranno far affidamento solo al proprio budget. Proprio questa preoccupazione finanziaria relativa al budget è stata, complessivamente, una delle maggiori sfide per l’implementazione del PAN. Il PAN è inoltre unico nel suo genere nell’affermare esplicitamente che “le attività previste non avranno alcuna implicazione finanziaria” e che le istituzioni responsabili dovranno far affidamento solo al proprio budget. Proprio questa preoccupazione finanziaria relativa al budget è stata, complessivamente, una delle maggiori sfide per l’implementazione del PAN.

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CONCLUSIONE: VERSO UN SECONDO PAN

Il primo PAN della Macedonia mancava di un approccio intersezionale e non è riuscito ad affrontare l’eterogeneità e la molteplicità delle esperienze femminili nonostante il coinvolgimento di tre reti multietniche di donne. Il piano si concentra sì sul genere, ma le altre variabili che si intersecano con esso, come l’etnia, la religione, l’età, l’orientamento sessuale e la disabilità, non sono prese in considerazione. Il documento descrive le donne come un gruppo omogeneo e non affronta le diverse categorie di donne che sono colpite in maniera molto diversa da conflitti, scarsa sicurezza e peacebuilding. Tenendo presente che il paese, come tutti gli altri della regione, è soggetto a fenomeni di estremismo violento, è anche assente il legame tra l’Agenda Donne, Pace e Sicurezza e il ruolo delle donne nella prevenzione e nella lotta all’estremismo violento.

Inoltre, mentre un nuovo PAN avrebbe dovuto essere adottato dopo il 2015, questo non è ancora avvenuto. La scadenza per la preparazione del nuovo PAN è stata infatti ampiamente superata, e il paese è rimasto senza un nuovo PAN per 5 anni. Solo nel gennaio 2020 è stato nuovamente formato un gruppo di lavoro interministeriale per la preparazione del secondo PAN. Il gruppo al momento è guidato e coordinato dal Ministero della Difesa e si riunirà nei prossimi mesi per lavorare intensamente all’adozione di questo importante documento.

In conclusione, dal 2000 a oggi, un gran numero di organizzazioni guidate da donne hanno realizzato attività volte a migliorare la visibilità della Risoluzione 1325, la localizzazione del PAN e la sua importanza per l’Agenda DPS. Sono stati fatti progressi per quanto riguarda la scarsa inclusione delle donne e delle organizzazioni guidate da donne, ma c’è ancora molto lavoro da fare. Poiché un buon PAN rappresenta una tabella di marcia strategica per promuovere l’attuazione dell’Agenda DPS nella Repubblica macedone, è necessario includere nel nuovo documento alcuni aspetti critici: in primo luogo, devono essere forniti finanziamenti sufficienti per la sua attuazione; poi devono essere istituiti chiari sistemi di monitoraggio e valutazione; deve essere inoltre sviluppata una strategia coordinata e chiara che favorisca la collaborazione di tutte le parti interessate; deve essere anche stabilito un approccio intersezionale nell’affrontare l’uguaglianza di genere; e, infine, il PAN e la lotta contro l’estremismo violento devono essere integrati.

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Daniela Antonovska è un’esperta e consulente in materia di uguaglianza di genere.

Questo articolo è stato pubblicato sotto l’egida del progetto Enhancing Women’s Participation in Peace and Security (WEPPS), il cui obiettivo è quello di rafforzare l’efficacia e l’impatto dell’Agenda WPS in Italia, Nord Africa e Balcani occidentali. Il progetto WEPPS è realizzato dal gruppo ERIS (Emerging Research in International Security) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Agenzia per il Peacebuilding. È finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.