Oggi è ampiamente riconosciuto che lavorare per l’empowerment e la partecipazione delle donne è necessario per promuovere la pace, migliorare la governance e contribuire allo sviluppo sostenibile. ONG internazionali come CARE International e Oxfam hanno per esempio messo l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne al centro delle loro strategie globali, riconoscendo in modo formale che la povertà è tutt’altro che neutrale in termini di genere.

Al di fuori delle ONG, l’integrazione di questioni di genere all’interno d’interventi d’aiuto è ormai un requisito in tutti i settori della cooperazione allo sviluppo, e i governi donatori hanno, negli ultimi anni, aumentato consistentemente i finanziamenti per le attività mirate a sostenere l’empowerment delle donne e l’uguaglianza di genere. Tuttavia, continua a esserci un grande divario tra la retorica e la realtà del promuovere la partecipazione genuina ed effettiva delle donne nella società.

Esaminando più precisamente la situazione delle donne nel Corno d’Africa, AP ha trovato che i loro diritti vengono regolarmente violati e che la violenza di genere rimane una realtà giornaliera in tutti i paesi della regione. Questo succede a causa di conflitti aperti, come nel Sudan del Sud, dove la situazione delle donne è oggi tragica. Ma succede anche a causa di norme patriarcali e di sistemi legati regressivi in paesi che sono considerati più stabili, come l’Etiopia e il Kenya. Qui, l’alto livello di partecipazione delle donne nelle istituzioni elette maschera l’incapacità, a livello di stato e di società, di provvedere alla creazione di opportunità veramente pari a fronte della discriminazione che le donne continuano a soffrire in campo educativo e professionale.

È in questo contesto che AP pubblica la sintesi di una ricerca fatta sullo stato dei diritti e della partecipazione delle donne, anche in relazione al peacebuilding, nel Corno d’Africa. La sintesi fornisce un quadro delle sfide, relative alla situazione delle donne, in otto paesi—Djibouti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan del Sud, Sudan e Uganda—e riassume i risultati di un lavoro di ricerca molto più ampio, che ha guardato non solo ai diritti e alla partecipazione delle donne, ma anche alle dinamiche di conflitto e di violenza, allo spazio in cui la società civile opera e al ruolo dei donatori internazionali.

La speranza di AP è che questa sintesi possa essere usata come guida da agenzie (governative e non) che stanno considerando di lavorare nel Corno d’Africa. In questa luce, il rapporto presenta anche diverse raccomandazioni per tali agenzie, tra cui:

  1. Il bisogno di avere una solida comprensione delle dinamiche e delle cause di conflitto e pace, sia a livello dei paesi individuali, sia regionale;
  2. La necessità che il proprio personale rispetti e lavori su programmi fondati sulla comprensione delle norme culturali e religiose relative ai diritti e al ruolo delle donne nei paesi individuali;
  3. La considerazione, a livello programmatico, di lavorare sulla Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (sulla pace e le donne), le relazioni tra le politiche di prevenzione dell’estremismo violento e le questioni di genere, e l’impunità intorno alla violenza contro le donne.

In generale, la sintesi dimostra che sostenere l’empowerment delle donne e l’uguaglianza di genere è fondamentale per assicurarsi che il progresso raggiunto dagli stati sia effettivamente sostenuto a lungo termine. E in quei paesi afflitti da conflitti armati, tra cui il Sudan del Sud e la Somalia, questo lavoro è cruciale per garantire che la pace, una volta raggiunta, generi benefici per tutti.