DAL CORTILE ALLE NAZIONI UNITE: L’INIZIATIVA PEACEMENTORS IN IRAN

Quest’articolo fa parte del lavoro di AP in supporto all’implementazione dell’Agenda Giovani, Pace e Sicurezza, come questa è stata definita dalla Risoluzione 2250 (2015) del Consiglio di Sicurezza ONU. Per scoprire di più sul nostro lavoro e leggere gli articoli già pubblicati, visita questa pagina.

L’adozione della Risoluzione 2250 (2015) da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rappresenta il successo degli sforzi congiunti e del partenariato tra organizzazioni di giovani, funzionari ONU, società civile e governi. Il Consiglio di sicurezza ha adottato questa risoluzione perché ha riconosciuto che la pace sostenibile non può essere costruita senza proteggere le vite e la dignità dei giovani (in totale 1,2 miliardi di persone hanno un’età compresa tra i 18 ei 24 anni) e coinvolgendoli significativamente nelle decisioni relative alla pace e sicurezza. Il loro reale contributo ed ulteriore potenziale dovrebbero essere apprezzati, riconosciuti e sostenuti come elementi chiave per dare forma a una pace duratura e per contribuire alla giustizia, alla riconciliazione e alla prosperità economica.

Nonostante l’adozione della Risoluzione 2250, i giovani attivisti che lavorano per la pace continuano a faticare nel coinvolgere le loro comunità, dai loro pari ai decisori politici. Molti riferiscono che attori chiave nelle loro comunità raramente riconoscono il peacebuilding come una priorità, equiparandolo alle volte persino a una minaccia all’ordine pubblico. Anche senza comprensione reciproca, risorse, finanziamenti e legittimità, e davanti ai pericoli politici che i giovani affrontano, un buon numero d’individui appassionati sono il volto del cambiamento nelle loro comunità. La loro leadership può spianare la strada ad altri attori e istituzioni, sia nelle comunità che a livello globale, per comprendere meglio il contributo che i giovani possono offrire per risolvere le grandi sfide sociali.

Questa è l’esperienza di PeaceMentors, un’iniziativa che ho lanciato nel contesto della borsa di studio dell’UNAOC Young Peacebilders of the MENA Region, e che rappresenta un esempio di un partenariato che rafforza la Risoluzione 2250 e riconosce che “i giovani giocano un ruolo importante e positivo nel mantenimento e nella promozione della pace e della sicurezza a livello internazionale”.

A volte i giovani valutano il loro impatto come insignificante rispetto agli sforzi dei politici e dei decisori, ma il caso dei PeaceMentors dimostra il contrario. Finita l’esperienza con UNOAC, mi sono ritrovata senza supporto istituzionale o finanziamenti, e di fronte alla prospettiva di implementare un progetto sui giovani e il peacebuilding in un contesto delicato come quello iraniano. Ho quindi deciso di organizzare una formazione di formatori su giovani e peacebuilding, per 5 giovani partecipanti, nel cortile di casa di uno di loro. Sapevo che senza alcuna affiliazione legale e fondi (problemi molto comuni per tutti i giovani attivisti, in Iran e altrove) non sarei stata in grado di raggiungere un vasto pubblico o di trovare un luogo decente; tuttavia, penso sempre che un po’ d’impatto sia meglio di nessun impatto. Quindi, la logica alla base di PeaceMentors è diventata quella di iniziare in piccolo e concentrarsi su un effetto a cascata, per costruire uno spazio sicuro dove i giovani potessero imparare e condividere; speravo che ciascuna delle persone coinvolte sarebbe poi stata in grado di fare lo stesso e di organizzare dei workshop di formazione per altre persone.

Partendo da sei settimane di formazione sulle definizioni fondamentali e sulle competenze del peacebuilding, e insieme a simulazioni di negoziazione e mediazione, i mentori hanno concluso il loro corso con una formazione intensiva sulla facilitazione, per poi cominciare a preparare i loro primi workshop. Questi si sono concentrati su “Il significato della lingua e della cultura nella risoluzione dei conflitti”, e si sono svolti nella facoltà di lingua e letteratura dell’Università di Allameh Tabataba’i, da cui mi sono laureata. Ciò è avvenuto grazie a sforzi individuali e al coinvolgimento di nostri contatti nel dipartimento di lingua spagnola, che hanno apprezzato il workshop per via del fatto che si teneva in due lingue.

Determinata a rendere questa iniziativa (ancora non registrata) legittima e riconosciuta, ho quindi portato il mio progetto all’attenzione del Centro d’Informazione delle Nazioni Unite (United Nations Information Centre, o UNICI) in Teheran. Nel 2017, in seguito alla consultazione ufficiale su giovani, pace e sicurezza in Asia e nel Pacifico, l’UNFPA Iran aveva respinto due proposte su giovani e peacebuilding, che erano stati fatti da giovani attivisti iraniani, dal momento che il tema non era una priorità nazionale. Determinata a cambiare questa mentalità, ho quindi cercato di mettere PeaceMentors sull’agenda delle Nazioni Unite, usando l’opportunità fornita dal Nelson Mandela International Day. L’UNIC è stata quindi lieta di offrire una sede in cui condurre una formazione di formatori, coinvolgendo un totale di 17 giovani. In collaborazione con UNIC, PeaceMentors ha poi lanciato gli eventi del Nelson Mandela International Day in Iran, nell’anno in cui si festeggiava il centenario del compleanno di Mandela.

A questo punto, l’impatto di PeaceMentors non riguardava più solo cinque individui, ma un totale di 22 mentori e due ONG: la Fondazione Raad Alghadir, che si occupa d’integrazione di persone con disabilità fisiche, e l’Associazione per la protezione dei bambini lavoratori (APCL). A queste si è poi aggiunto il Centro di ricerca iraniana per l’HIV/AIDS, in quanto partner Di UN AIDS. Per ognuna di queste organizzazioni, i mentori hanno tenuto due seminari, su non violenza, società inclusive, riconciliazione e advocacy. E tutti i partner hanno accolto con favore la possibilità di continuare a collaborare con PeaceMentors, e si sono offerti di fornire opportunità, legittimità e cooperazione. Inutile dire che il simposio del Nelson Mandela Day, che è stato l’occasione per mostrare i nostri sforzi e creare uno spazio di networking, era unico, dal momento che era stato organizzato interamente dai giovani attivisti di PeaceMentors. Soraya Jacobs, Incaricata dell’Ambasciata del Sud Africa in Iran, che ha aperto l’evento, ha dichiarato: “mentre rendiamo omaggio a Nelson Mandela, dovremmo concentrarci sulle azioni per l’umanità, non sulle cerimonie“.

L’esperienza di PeaceMentors mostra le opportunità e i limiti della Risoluzione 2250. Da un lato, essa ci ha permesso di raggiungere entità di alto livello in Iran e di coinvolgerle in iniziative relative ai giovani e al peacebuilding; dall’altra, la Risoluzione non è stata di per sé sufficiente a convincere questi stakeholder e a sostenere in modo significativo le attività di peacebuilding promosse dai giovani. La lezione è che deve esserci un livello intermedio che colmi il divario tra le iniziative di base e le alte sfere, al fine di aumentare l’impatto e la sostenibilità del lavoro di peacebuilding fatto dai giovani.

Inutile dire che le probabilità di successo sarebbero maggiori se i giovani cominciassero a occupare questo livello intermedio usando gli strumenti e le competenze a loro disposizione. Nel caso del settore del peacebuilding in Iran, PeaceMentors è riuscito a colmare questo divario intermedio fino a un certo punto. Oggi, più di un anno dopo le formazioni, i mentori gestiscono tre tipi di eventi: conferenze (PeaceTalks), incontri (PeaceEvents) e formazioni. Se un gruppo di 5 giovani iraniani può portare un’iniziativa dal proprio cortile all’ONU, questo dimostra che c’à molto poco che i giovani non possono fare.

Shadi Rouhshahbaz è un giovane attivista, peacebuilder e autrice. Attualmente sta completando un Master in mediazione e immigrazione inter-mediterranea. Shadi è anche una borsista UNAOC, delegata presso il Gruppo consultivo su giovani, pace e sicurezza a Bangkok, e una facilitatrice qualificata. È la fondatrice di PeaceMentors e lavora su varie iniziative di peacebuilding a livello globale.