IL BUDGET DELLA UE DOPO IL 2020 E IL FUTURO DEL PEACEBUILDING

Uno dei maggiori dibattiti attualmente in corso a Bruxelles riguarda il quadro finanziario pluriannuale(QFP), lo strumento principale della UE per la gestione delle proprie finanze. L’attuale QFP durerà fino alla fine del 2020, ma il dibattito sul nuovo ciclo è già cominciato e la decisione finale, riguardo alle nuove priorità, sarà il risultato di una lunga concertazione all’interno delle istituzioni europee, dell’influenza degli stati membro e di altri attori esterni. In particolare, i finanziamenti che saranno assegnati per la politica estera della UE determineranno il ruolo e gli strumenti che Bruxelles avrà a livello globale per tutto il prossimo decennio. Il dibattito ora in corso si è focalizzato tuttavia sugli interessi europei più che sui valori e c’è quindi il rischio che i programmi dedicati al peacebuilding e allo sviluppo possano essere ridotti o accorpati ad altri temi, come la migrazione e la sicurezza. La recente conferenza di alto livello sul QFP ha infatti dimostrato come lo sviluppo non sia al momento una priorità per i leader della UE, risultando uno degli ultimi temi discussi. Al contrario, sicurezza e difesa sono state tra gli argomenti più discussi.

A livello pratico, il QPF definisce i ‘tetti’ per le spese dell’Unione (ossia l’ammontare massimo che la UE può spendere ogni anno), i ‘capitoli’ (ossia le politiche) e i ‘programmi’ (gli strumenti) all’interno dei quali finanziare attività. Nell’attuale QPF, valido dal 2014 al 2020, tutte le spese relative alla politica estera cadono sotto il ‘Capitolo 4: L’Europa globale’ e rappresentano il 6% dei fondi totali. I programmi principali sotto questo capitolo includono: lo Strumento per la cooperazione allo sviluppo (DCI in inglese), lo Strumento per il vicinato europeo (ENI), lo Strumento per contribuire alla stabilità e alla pace (IcSP) e lo Strumento per la democrazia e i diritti umani (EIDHR). Negli ultimi cinque anni, l’IcSP è in particolare diventato il programma da cui la UE ha finanziato le sue attività di peacebuilding, incluse le missioni officiali di mediazione, ma anche gli interventi di varie organizzazione della società civile (OSC). Questo strumento rappresenta un’evoluzione positiva nel modo in cui l’Unione ha deciso di appoggiare iniziative civile mirate alla costruzione della pace come prerequisito per lo sviluppo sostenibile.

Le discussioni intorno al nuovo MFF potrebbero tuttavia avere delle conseguenze enormi per come la UE promuove il peacebuilding nel futuro, scegliendo un percorso che rischia d’indebolire molti dei risultati ottenuti finora. In particolare è preoccupante come l’attenzione al peacebuilding, che è un approccio multidisciplinare e di lungo termine per gestire i conflitti, possa finire per essere ridotto a favore di strumenti per la gestione di crisi creati ad hoc e con un’ottica di breve periodo. Questo potrebbe essere uno scenario possibile se le politiche di sviluppo, di sicurezza e di peacebuilding fossero accorpate in un unico strumento, come dicono alcuni analisti. Anche se esiste un consenso sul fatto che questi tre temi siano interconnessi, finora essi sono stati trattati attraverso politiche distinte tra di loro. Com’è stato spiegato da CONCORD, la rete delle ONG europee che lavorano sullo sviluppo, la differenza tra sicurezza e il peacebuilding dovrebbe essere sottolineata e chiarita. In più, il peacebuilding e lo sviluppo costituiscono un nesso utile e complementare, sia a livello di politiche sia in termini di budget.

Un altro criterio emerso come importante nella scelta delle priorità da includere nel prossimo QFP è l’idea di valore aggiunto europeo. Questo dovrebbe avere chiare conseguenze per il sostegno al peacebuilding: uno dei vantaggi specifici dell’Unione, come detto dal Parlamento europeo, è proprio che essa “contribuisce alla creazione e alla promozione della pace e della stabilità nel vicinato europeo”. Fino ad ora, tuttavia, il dibattito sul QFP ha rivolto poca attenzione a come appoggiare processi civili di trasformazione dei conflitti, incluse le iniziative e le capacità di quelle OSC che lavorano sui diritti umani, la sicurezza umana e il peacebuilding. Le discussioni sono state invece dominate dalla creazione di uno strumento per rafforzare le capacità militari di paesi terzi, e la Commissione europea ha continuato a spingere per dare priorità, nell’assegnazione dei finanziamenti, al settore della difesa. Per esempio, la Commissione ha lanciato il Fondo di difesa europeo, attraverso il quale ha proposto di dedicare €500 milioni dell’attuale budget per la ricerca e lo sviluppo dell’industria militare nel 2019-2020.

Una campagna dal basso è stata lanciata da alcune OSC per protestarecontro queste decisioni, ma la realtà rimane che la maggioranza degli stati membri dell’Unione è favorevole alla creazione di una nuova struttura di difesa europea. Questa possibilità merita maggiore attenzione, ma, al tempo stesso, il valore aggiunto dell’UE rimane come attore civile: è quindi desiderabile che il prossimo QFP includa uno strumento specifico per sostenere la prevenzione dei conflitti e il peacebuilding, con un focus sulla sicurezza umana e l’azione di attori civili e non militari.

Nelle discussioni sul QFP è infine notevole come rimanga assente il ruolo della società civile. Questo rappresenta una sfida importante che chi lavora sullo sviluppo e sul peacebuilding dovrà affrontare di petto se vorrà influenzare il nuovo Quadro. Non sarà indubbiamente un compito facile da realizzare, data la natura istituzionale dei processi decisionali europei, ma che potrà contare su di un alleato importante: l’Agenda 2030 e il 16° obiettivo per lo sviluppo sostenibile, che mira proprio alla promozione di società pacifiche e inclusive. L’Agenda 2030 è un documento cruciale per l’UE, che l’ha definito un’ancora per le proprie politiche sia interne sia esterne, e che dovrebbe essere usato, guardando al prossimo decennio, per reiterare il bisogno di avere dei finanziamenti dedicati al peacebuilding.

L’articolo è stato scritto da Bernardo Monzani e Bernardo Venturi. AP ha presentato lo stato del dibattito sul QFP e le politiche di cooperazione allo sviluppo durante un incontro organizzato da CONCORD Italia a Bologna l’8 febbraio 2018.