PEACEBUILDING E IL PROCESSO DI ALLARGAMENTO DELL’UE IN BOSNIA HERZEGOVINA
La Bosnia Herzegovina (BiH) ha fatto ufficialmente domanda di adesione all’UE nel febbraio 2016. Il paese, che sta ancora combattendo con il retaggio del devastante conflitto degli anni novanta, gestendo la transizione da un’economia socialista ad un’economia di mercato, facendo i conti con tensioni tra gruppi etnici (strumentalizzate dai partiti politici) ed emergendo dalla crisi economica globale, sta ora entrando in una nuova fase del processo di allargamento che determinerà se il paese è pronto ad acquisire lo status di paese candidato ad entrare nell’UE. Se la promessa di adesione offre nuove speranze alla popolazione, l’approccio dell’UE in BiH, che è attualmente incentrato più su riforme economiche che sulla riconciliazione, solleva domande sulle possibilità del processo di sostenere e promuovere il peacebuilding in BiH e nella regione dei Balcani occidentali.
La Strategia di Allargamento del 2015 afferma che “le politiche di allargamento sono un investimento nella pace, stabilità e sicurezza in Europa”. Secondo molti analisti e funzionari UE, la politica di allargamento è stata ad oggi la politica estera di maggiore successo per quanto riguarda il mantenimento della pace e della stabilità in Europa. I cosiddetti criteri di Copenaghen Plus includono il requisito di cooperazione complete con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Iugoslavia, il ritorno dei rifugiati, la cooperazione regionale, la riconciliazione e la risoluzione di dispute bilaterali o di questioni di riconoscimento di uno stato. In aggiunta, richiedono il rispetto e l’adempimento di accordi politici e di pace relative ai conflitti degli anni novanta che hanno devastato la regione.
Per quanto riguarda la BiH, il riconoscimento da parte dell’UE dei retaggi del conflitto è ampio nel Report di Adesione, ma non è chiaro come queste tematiche verranno affrontate nell’ambito delle negoziazioni per l’annessione. Il Rapporto di Adesione del 2016 riconosce che c’è stato un certo progresso nell’ambito dell’amministrazione, inclusa la cooperazione tra stato ed entità, ma che la Costituzione rimane in violazione della Convenzione europea sui Diritti umani (come deciso dalla sentenza Sejdić-Finci della Corte di Giustizia UE). Il rapporto sottolinea inoltre che non c’è stato progresso nell’adozione di legislazione statale per le vittime civili del conflitto, solo limitato progresso nei procedimenti penali contro crimini di guerra che includono violenza sessuale e nessun progresso nel sostegno alle vittime di violenza sessuale che hanno condizioni socio-economiche svantaggiate e limitato accesso alla giustizia. Infine, riconosce che i passi avanti nel sostenere vittime durante i procedimenti penali e i testimoni è stato possibile principalmente grazie a finanziamenti internazionali.
Mentre questi e molti altri strascichi del conflitto hanno ancora bisogno di attenzione particolare in BiH, è chiaro che le possibilità di un’annessione all’UE è ora principalmente legata alla messa in opera dell’Agenda per le Riforme, un pacchetto di riforme adottato in giungo 2015 sotto pressione dell’UE e delle istituzioni finanziarie internazionali. L’Agenda per le Riforme include misure per affrontare la stabilità finanziaria, la riforma del mercato del lavoro, il welfare e le pensioni, la pubblica amministrazione e per sostenere lo stato di diritto e la buona amministrazione. In pratica, le misure prevedono la liberalizzazione del mercato del lavoro, la riduzione del settore della pubblica amministrazione, il passaggio da un sistema sanitario universale a un sistema sanitario a copertura limitata e la sua parziale privatizzazione e investimenti in infrastrutture. Solo se ci saranno progressi in queste riforme si passerà ad investimenti per le infrastrutture sociali e lo sviluppo, come ad esempio il sistema scolastico, l’acquisizione di skills sul lavoro e training, i servizi per la salute pubblica e l’accesso all’acqua.
Come vari analisti sottolineano, queste riforme neo-liberali ed ispirate a politiche di austerità molto probabilmente avranno un impatto sui segmenti più poveri della popolazione, inclusi coloro che ancora combattono per riacquisire la stabilità finanziaria e lavorativa persa durante la guerra, e le donne in particolare. Nell’articolo Post-conflict economic reform is a women, peace and security issue, Jacquie True spiega come le donne verranno penalizzate dalla riforma e diventeranno “beneficiarie di lavori poco retribuiti, di un sistema sanitario legato al profitto che assicura il diritto di ricevere cure solo a chi paga, di un settore pubblico ridotto con meno servizi per le comunità locali e sostegno sociale per la cura dei bambini e degli anziani, e un sistema che richiederà alle vedove della guerra ed alle sopravvissute di “provare” il loro status continuamente per ottenere i contributi sociali di sostegno”. L’articolo dimostra come le riforme sostenute dall’UE abbiano un nesso forte con la situazione di post-conflitto in BiH e come potrebbero avere un impatto negative sulla ripresa fragile della BiH e sul cammino di pace.
Mentre per molti anni l’UE ha spinto per riforme più radicali volte a cambiare le norme discriminatorie emerse dagli Accordi di Pace di Dayton come la Costituzione, la mancanza di progresso su tali riforme e la paura che le tensioni economiche e sociali potessero esplodere hanno fatto cambiare approccio all’UE. La posizione attuale di Bruxelles è che un paese con istituzioni stabili e responsabili ed un’economia più dinamica sarebbe in una posizione migliore per occuparsi di pace e riconciliazione. Se questo potrebbe essere il caso in linea di principio, da una prospettiva di peacebuilding non includere chiare condizioni per il rafforzamento della pace nell’ambito del Processo di Annessione sarebbe una opportunità persa. Inoltre, si corre il rischio di lasciare le questioni più delicate e controverse alle élite politiche del paese che non hanno nessun interesse nella riconciliazione e tutto l’interesse a tenere il paese diviso secondo criteri etnici, come i risultati delle elezioni locali del 2016 dimostrano.
La giuria si deve ancora pronunciare in merito alla possibilità per il Processo di Annessione di continuare ad essere la politica estera di maggiore successo per il mantenimento della pace e della stabilità in Europa. Con molti scenari di conflitti aperti nel mondo, un ordine globale in perenne evoluzione e attori sempre più imprevedibili, l’UE non si può permettere di fallire nei Balcani occidentali. Se l’UE vuole sostenere la costruzione della pace nella regione deve, come minimo essere “conflict sensitive”, cioè evitare di sostenere riforme che possono contribuire ad intensificare le tensioni sociali come l’attuale Agenda per le Riforme, sostenere il peacebuilding introducendo specifiche condizioni sulla risoluzione di problematiche legate al conflitto passato e aprire il processo, attualmente solo aperto alle élite politiche, alla società civile e alla popolazione in generale.